Continua, senza sosta, la guerra dei dazi tra la Cina e l’Unione europea. L’ultimo capitolo di questa già ricca storia vede protagonista il colosso asiatico che, in risposta alle sovrattasse imposte dall’Ue sulle importazioni delle e-car made in China, ha deciso di presentare un ricorso ufficiale al Wto, Organizzazione mondiale del commercio. La mossa mette a serie repentaglio le relazioni commerciali tra Occidente e Oriente, con la Cina che, secondo quanto riferito dal suo ministero del Commercio, reputa quanto fatto a come un passo necessario per “salvaguardare gli interessi di sviluppo” dell’industria dei veicoli elettrici e andare contro il “protezionismo commerciale in nome della compensazione” anti-sussidi.
La Cina contrasta i dazi Ue
La scelta della Cina di opporsi ai dazi voluti dall’Unione europea sulle e-car prodotte nel Paese asiatico con il ricorso al Wto delinea l’opposizione ferma del Dragone Rosso alle misure entrate in vigore lo scorso 31 ottobre. L’obiettivo di Pechino è salvaguardare gli interessi di sviluppo della propria industria dei veicoli elettrici e la cooperazione globale sulla trasformazione verde.
La Cina “ha deciso di fare appello al meccanismo di risoluzione delle controversie del Wto”, ha riferito il portavoce del ministero del Commercio cinese, per contrastare i “dazi compensativi elevati sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese, nonostante una raffica di obiezioni sollevate dalle parti interessate, tra cui i governi degli Stati membri dell’Ue, dell’industria e dell’opinione pubblica”.
Cosa prevedono i dazi Ue sulle e-car cinesi
Dallo scorso 31 ottobre, come ampiamente detto, l’Ue ha previsto l’applicazione di dazi aggiuntivi alle auto elettriche che sono state prodotte in Cina e vengono vendute nei mercati europei. Al centro di questa scelta c’è la volontà del Vecchio Continente di ristabilire un mercato realmente concorrenziale, in cui nessuno degli attori possa vantare di elevati sussidi del proprio Paese (come nel caso cinese) e ottenere così dei costi di produzione fortemente ribassati a danno di una leale concorrenza.
Ecco dunque che, numeri alla mano, i dazi europei si attestano:
al 7,8% per le Tesla prodotte a Shangai;
al 17% per le e-car di Byd;
al 18,8% per Geely;
e al 35,3% per Saic.
Un trattamento diverso è stato invece riservato a tutti gli altri gruppi che operano in Cina che, nel corso delle indagini svolte dall’Antitrust nei mesi scorsi, hanno collaborato con la guida di Bruxelles. In questo caso la sovrattassa sull’import scende dal 35,3% al 20,7%. Tirando le dovute somme, i nuovi dazi europei arrivano alla quota del 45%, pari alla somma della sovrattassa del 35,3% (del 20,7% per chi ha collaborato), cui si aggiunge il 10% già in vigore. La durata della misura è di cinque anni.
La guerra dei dazi potrebbe estendersi
Come intuibile, lo scenario descritto grava fortemente sullo sviluppo delle e-car cinesi in Europa, tanto che per rispondere alla sovrattassa Ue, la Cina ha avviato indagini sui sussidi che l’Unione europea concede per la produzione di alcuni prodotti lattiero-caseari e di carne di maiale e ha deciso di sanzionare il brandy. In progetto ci sarebbe anche il possibile rialzo delle aliquote dal 15 al 25% per le auto di grande cilindrata importate dai Paesi dell’Unione europea.
È una guerra dei dazi in piena regola, con le tensioni che potrebbero presto estendersi anche ad altri prodotti fin qui rimasti fuori dallo scontro. Bruxelles, ad esempio, indaga sui sussidi che Pechino ha concesso a chi opera nei settori dei pannelli solari e delle turbine eoliche.