Da ragazzo, il regista canadese Atom Egoyan era interessato ai film che raccontavano la vita di Gesù. Così, dopo l’indimenticabile ‘Jesus Christ Superstar’, vide anche ‘Il Vangelo secondo Matteo’, la pellicola del 1964 di Pier Paolo Pasolini. E una delle cose che più lo affascinarono furono le riprese di Matera, “l’autenticità”, spiega, del suo paesaggio. Sembra perciò chiudersi un cerchio al Matera Film Festival, partito ieri e con appuntamenti fino al 10 novembre, dove Egoyan non è solo ospite d’onore e presidente della giuria lungometraggi, ma presenta anche in anteprima nazionale (quella internazionale è stata l’anno scorso al Toronto International Film Festival) un film legato proprio a una vicenda biblica, ‘Seven Veils’. La storia racconta di Jeanine (Amanda Seyfried), una regista teatrale che deve riportare in scena ‘Salomé’, l’opera di Richard Strauss, ma nel farlo è tormentata dai suoi traumi passati, anche perché l’allestimento è quello del suo ex mentore e amante. Nell’opera originale di Strauss, il cui libretto è basato sulla traduzione in tedesco dell’omonima tragedia di Oscar Wilde, “tutti i livelli di interpretazione sono maschili – ha commentato Egoyan nel corso di una conferenza stampa – di uomini che guardano un personaggio femminile prendere una decisione (quella di chiedere la testa di San Giovanni Battista, ndr) sulla base di qualcosa che non può avere”, ossia l’amore carnale. “Io volevo dipingere il ritratto di questa donna, la regista, che invece è attorniata da uomini – ha aggiunto – e che prova ad affermare sé stessa”. Egoyan, attivo anche nel teatro, ha pensato al film dopo che gli è stato chiesto di rimontare la ‘Salomé’ di Strauss, da lui diretta per la prima volta nel 1996. Così si è posto il problema di come potesse essere reinterpretata in chiave contemporanea. Ne è nato un film che, come dice lo stesso titolo (che si riferisce alla danza dei sette veli di Salomé), ha diversi strati, livelli di lettura. La storia di Wilde, in cui la protagonista bacia la testa mozzata, “quando viene presentata sul palco risulta ancora scioccante”, ha riflettuto. Dunque, in un mondo in cui “i media mostrano immagini estreme, il ruolo del cinema è anche quello di risensibilizzarci per riattivare il nostro senso dell’orrore, di ciò che ci disturba”, ha commentato il regista. Così da non schermarsi davanti ai drammi odierni, che sconvolgono e alienano, ma che in alcuni casi vengono anche dimenticati: “come armeni siamo stati traumatizzati dalla pulizia etnica nei nostri confronti – ha raccontato – il mondo non ne ha sentito parlare, perché ci sono tante altre cose orribili che avvengono, ma noi come comunità stiamo cercando di capire come guarire da questa ferita”. Tra le fonti di ispirazione per il film, anche la ‘Salomè’ di Caravaggio: “chiunque abbia a che fare con la luce teatrale è influenzato da lui”, ha proseguito. Nel suo percorso il regista ha studiato tanto gli italiani, da Bellocchio ad Antonioni, passando per Visconti e Fellini. Quanto alla possibilità di girare un film nella città dei Sassi, Egoyan fa spallucce: “forse rappresenterò Salomè nella piazza principale”, scherza.
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