Da un lato ci sono i medici, che sono invitati a “essere molto attenti ai messaggi di natura pubblicitaria che diffondono sui social”, e dall’altro ci sono i cittadini che “dovrebbero sempre verificare le informazioni ottenute attraverso questi canali”. E’ un rapporto complesso quello tra mondo medico-scientifico e social: “il punto è che dobbiamo fare i conti con una normativa europea che equipara il professionista sanitario alle imprese, e questo complica le cose”. E’ la riflessione di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), in merito al caso della ragazza morta durante un intervento di rinoplastica eseguito da un chirurgo individuato proprio sui social. Il medico e lo specialista, chiarisce Anelli all’ANSA, “è libero di proporsi e fare pubblicità informativa sanitaria, ma deve ovviamente rispettare delle regole e ci sono dei confini precisi stabiliti dal nostro Codice deontologico”. A delinearli è l’articolo 56 del Codice: “La pubblicità informativa sanitaria del medico e delle strutture sanitarie pubbliche o private – si legge infatti – nel perseguire il fine di una scelta libera e consapevole dei servizi professionali, ha per oggetto esclusivamente i titoli professionali e le specializzazioni, l’attività professionale, le caratteristiche del servizio offerto e l’onorario relativo alle prestazioni. La pubblicità informativa sanitaria, con qualunque mezzo diffusa, rispetta nelle forme e nei contenuti i principi propri della professione medica, dovendo sempre essere veritiera, corretta e funzionale all’oggetto dell’informazione, mai equivoca, ingannevole e denigratoria”. Dunque, il medico può proporsi, poichè farsi una pubblicità veritiera non è vietato, ma è importante che il cittadino controlli le informazioni diffuse sui social. E’ infatti possibile per ciascuno, afferma Anelli, fare una serie di verifiche: “Innanzitutto verificare i titoli pubblicizzati dal professionista controllando sul portale della Fnomceo o dell’Ordine di appartenenza, e nel caso in cui non esista un Albo specifico si può ad esempio verificare l’iscrizione del professionista a società scientifiche”. Ciò premesso, rileva il presidente Fnomceo, “va però detto che esiste un normativa complessa e controversa. Come Ordine avevamo infatti proposto di poter esercitare un’azione preventiva di controllo, ovvero di poter intervenire approvando o censurando il messaggio pubblicitario del singolo professionista. Ciò però, sulla base delle norme attuali, non è possibile in quanto si configurerebbe come una interferenza nella libera concorrenza, secondo la legge sulla concorrenza che recepisce la direttiva europea Bolkestein che impone una serie di regole a favore della concorrenza nel settore dei servizi e delle imprese”. In altre parole, commenta Anelli, “l’Ordine non può limitare la libera concorrenza. Ma tutto ciò si fonda su un principio sbagliato: risente cioè di un’interpretazione della professione medica che ci vede equiparati a delle imprese, ma noi siamo dei professionisti sanitari e non imprese”. A condizionare è dunque l’orientamento dell’Europa: “E’ un problema giuridico, ma non c’è al momento la volontà di modificare la direttiva Bolkestein in merito a questo aspetto”. Una questione complessa e non nuova. Già nel 2014, sottolinea Anelli, “la Fnomceo è infatti intervenuta su questo tema ed è stata per questo multata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato”. La ragione, conclude, è che il “Codice deontologico dei medici non può limitare appunto la libera concorrenza, anche se si tratta di professionisti sanitari e non di imprese”.
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