In Italia l’industria della Difesa rappresenta un’importante risorsa per lo Stato in quanto da questo settore dipendono ingenti somme per le casse del Paese. Il controllo statale totale attuato sulle realtà economiche è pari al 59,3%. È questo il quadro offerto dall’ultimo studio di settore pubblicato da Mediobanca che divide gli operatori (le aziende) della Difesa in più segmenti di grandezza per rendere più agevole la comprensione dei dati.
Ci sono big player, Leonardo e Fincantieri, cui si affiancano una serie di realtà di minore dimensione e decisamente più specializzate nella produzione di singoli apparati o sottosistemi, così come altre piccole medie imprese in fase di sviluppo.
Le aziende della Difesa italiana
Così come riferito da Mediobanca nel suo studio sul settore della Difesa, in Italia il comparto è estremamente sviluppato e diversificato, tanto che al suo interno possono essere catalogate una serie di realtà in base alla loro dimensione e importanza.
Ci sono, come detto, due importati big player, ovvero Leonardo (circa il 30% delle azioni è di proprietà dell’azionista di maggioranza, il ministero dell’Economia e delle Finanze) e Fincantieri (controllata al 71,3% da Cdp Industria, cioè la finanziaria di Cassa Depositi e Prestiti a sua volta controllata dal Mef) che, però, operano anche in altri settori. Entrambe le realtà aziendali agiscono come prime contractors nei segmenti più rilevanti del mercato, in termini di volume d’affari e di contenuti tecnologici.
Ai big player si affiancano altri attori che possono essere divisi in due fasce:
la seconda che vede la presenza di società di dimensioni più contenute rispetto a Leonardo e Fincantieri, ma che svolgono un importante ruolo nella produzione di sottosistemi e apparati;
la terza che fa riferimento a realtà economiche identificabili come pmi da tutelare e sviluppare.
Il controllo dello Stato italiano sulla Difesa
Lo Stato italiano esercita sull’insieme di realtà in precedenza elencate un forte potere di controllo. Più nello specifico, il contributo delle società si attesta al 59,3% dei ricavi aggregati. Anche questo dato più essere scomposto per fornire un quadro più dettagliato.
Iniziamo subito col dire che nella Difesa italiana figura una forte componente di gruppi stranieri che controllano il fatturato aggregato (25,1% del totale). Ben 36 delle 100 aziende maggiori aziende italiane prese a riferimento dallo studio (fatturato maggiore di 19 milioni di euro e una forza lavoro superiore alle 50 unità nel 2023) sono di proprietà estera, con il controllo che è al 12,2% europeo e al 10,1% statunitense. L’Italia, dunque, ha una forte dipendenza estera, con tutto ciò che questo comporta in termini di mancanza di autosufficienza.
Nel comparto della Difesa le realtà a controllo familiare contano per il 15,6% del totale, benché siano più numerose (56 in totale) rispetto alle estere. Viene da sé che sono generalmente di più piccola dimensione. E ancora, la maggior parte delle 100 maggiori aziende della Difesa adottano strategie dual use, il che le rende al tempo stesso venditrici di prodotti e servizi nel mercato civile e in quello della sicurezza. Proprio quest’ultimo fattore fa sì che il loro fatturato aggregato (40,7 miliardi di euro nel 2023) possa essere attribuito interamente alla Difesa solo in percentuale, pari al 49% (20 miliardi di euro). Il dato è in crescita rispetto al 2022, segnando un +6,6%, sebbene inferiore rispetto al 2021, quando era al +14,7%.
Chiudiamo parlando dei lavoratori del comparto della Difesa che, nel 2023, ammontavano complessivamente a più di 181mila unità. Quelli con base in Italia sono invece 54mila. Nel 2023, infine, il valore aggiunto attribuibile all’industria della Difesa corrisponde allo 0,3% per il Pil nazionale.