Una “manipolazione” di fatti e
documenti che “mi ha addolorato umanamente”, “scorretta” e con
“una ricostruzione dei fatti completamente falsa”. La messa in
onda delle inchieste di Report sull’organizzazione della grande
mostra sul Futurismo alla Gnam “addolora” il curatore e critico
d’arte Gabriele Simongini che annuncia: “sulla diffusione di
chat riservate interesserò il Garante della Privacy”. E questo
“anche se da quelle non è uscito nulla di compromettente”.
Per Simongini, inoltre, sono state dette falsità anche sulle
opere messe a disposizione dalla Galleria Russo su cui è pronto,
se costretto, ad arrivare “fino in tribunale”. “Umanamente sono
rimasto molto addolorato per le chat amichevoli divulgate dai
colleghi Dambruoso e Carpi a mia insaputa. E per l’uso fatto di
queste chat che erano nate per difendere loro. Questo è un fatto
umanamente e professionalmente scorretto” dice Simongini che, a
proposito dell’articolo scritto su Dambruoso per il Tempo parla
anche della “dolorosa scoperta che mi aveva utilizzato per
cercare di agganciare l’ex ministro Sangiuliano”. La
ricostruzione fatta su Report, aggiunge, è “completamente falsa.
Così come le accuse al gallerista Russo” su cui si dice disposto
a mostrare la sua verità “anche in Tribunale”. “Le opere
attribuite alla Galleria Russo non sono sue ma di collezionisti
privati, alcuni miliardari, che per ragioni di riservatezza
hanno chiesto a lui un servizio di intermediazione. Nella
trasmissione invece si è fatto capire che le pressioni politiche
gli avrebbero comportato dei vantaggi economici”. Inoltre
“Mollicone l’ho conosciuto ma non ho mai avuto nessuna pressione
da lui, né da Russo, persona che conosco da quando eravamo
bambini. Mi dispiace molto che si continuai a tirare questa
mostra da una parte e dall’altra solo per motivi politici: è
diventata un terreno di scontro tra sinistra e destra. Ma né il
Fururismo nè Marinetti se lo meritano” Rimane il fatto che
quella situazione dei collaboratori e organizzatori delle varie
sezioni della mostra poteva essere gestita meglio? “Su
Dambruoso, a onor del vero, nel corso del lavoro mi sono
arrivate lamentele, critiche che hanno portato anche a rifiuti
da parte di collezionisti importanti per il fatto che ci fosse
lui a collaborare. Io stavo perdendo dei prestiti a causa sua:
quando si è avuto notizia che era stato estromesso mi hanno
ridato le opere. Tra questi c’era anche un’importantissima
collezione svizzera che non voleva darci un’opera che poi ci ha
dato”. “Quanto a Carpi, lui ha collaborato fino ad un certo
punto quando loro non hanno più condiviso la direzione che stava
prendendo la mostra. Ma stava diventando una mostra gigantesca,
con 650 opere, e facendo con l’architetto lo sviluppo degli
spazi ci siamo accorti che stava diventando noiosa per il
pubblico. Quindi abbiamo deciso di fare una mostra con meno
opere e di privilegiare una maggior godibilità e popolarità.
Questo Carpi non l’ha condiviso”.
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