26 settembre 2024 | 15.01
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A Cavallerizzo tutti sapevano che era necessario controllare e incanalare le acque che alimentavano la frana, ma l’incuria e le inadempienze delle istituzioni hanno “risvegliato il drago”. Cavallerizzo è il simbolo dell’instabilità di un’intera regione e di tutto un Paese, di una terra segnata dalla precarietà, dai continui abbandoni e dagli interventi emergenziali e mai risolutivi. Cavallerizzo, piccolo paese che muore, luogo periferico e marginale, è in realtà il mondo.
Ci parla dell’Antropocene, dello spopolamento, della possibile fine di luoghi, ci insegna qualcosa su come affrontare il rischio, anche sul piano emotivo, cognitivo, pratico, della “morte” del nostro mondo. Quanto accade in un piccolo sconosciuto paese, ha rilevanza per tutti noi. E’ appena uscito nelle libreria un volume pubblicato da Donzelli, intitolato “Il risveglio del drago” di Vito Teti, che ha insegnatoa lungo antropologia culturale all’Università della Calabria, dove ha fondato il Centro di iniziative e ricerche Antropologie e Letterature del Mediterraneo. L’autore ci racconta la storia di questo paesino come una storia esemplare. (segue)La drammatica vicenda di questa frazione è simbolo di un intero PaeseNella notte tra il 6 e il 7 marzo del 2005, dopo settimane di pioggia insistente, il terreno franoso – “il drago” –- su cui poggia la frazione di Cavallerizzo, in provincia di Cosenza, si scuote: la popolazione fugge e si mette in salvo, ma il rientro nelle case, seppure solo in minima parte distrutte, non avverrà mai. Per vent’anni Vito Teti seguirà con attenzione e partecipazione le vicende di una comunità “spaesata” e sofferente, ma al tempo stesso tenace e speranzosa, che in queste pagine prende la parola e si racconta. I protagonisti di questa storia dedicano tempo ed energie per resistere, per non disperdersi, per non smarrire la presenza, per cercare un nuovo “appaesamento”, per restare in loco o trasferirsi e ricostruire in una zona vicina. Fanno incontri, riunioni, discutono per mesi, per anni, per provare a uscirne con meno danni possibili, anche a costo di compromessi con i propri desideri e le proprie volontà. “Che senso posso dare alla storia di una piccola comunità che frana e si dissolve, e che dà origine a dispersioni, esilî, dolori, fratture, dissidî, forme di resistenza?” chiede si Teti. In un mondo in cui la fine e la crisi climatica incombono, le vicende di 300 abitanti ci raccontano quelle di 8 miliardi di persone. Teti è anche autore del saggio “La restanza”, pubblicato da Einaudi, che si interroga sulla dinamica partire o restare nei luoghi e per i luoghi.